Dal 1° gennaio 2016, la crisi di una banca può essere risolta attraverso il bail-in (letteralmente “salvataggio dall’interno”), meccanismo legale introdotto dalla Direttiva n. 2014/59 dell'Unione Europea per il risanamento e risoluzione di enti creditizi e imprese di investimento (c.d Direttiva BRRD), che impone la partecipazione degli investitori/risparmiatori – qualora possessori di determinate attività finanziarie emesse dalla banca stessa – alle perdite patrimoniali da questa subite.
Il meccanismo del bail-in è teso ad evitare che il salvataggio di una banca sia effettuato mediante impiego di fondi pubblici (c.d. bail-out, ossia il "salvataggio dall'esterno").
In particolare, in caso di dissesto o di rischio di dissesto di una banca (ad es. incapacità della stessa di rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti dalla normativa di settore), i suoi azionisti e creditori contribuiscono al salvataggio secondo una precisa gerarchia di “coinvolgimento” (che potrebbe implicare, tra le altre, la perdita parziale o totale del proprio investimento). Le azioni e gli altri titoli di capitale (assimilabili alle azioni) emessi dalla banca sono le prime attività finanziarie ad essere interessate; a seguire le obbligazioni subordinate (passibili, nei casi meno gravi, di conversione in azione); successivamente, le obbligazioni ordinarie non garantite e non subordinate; per ultimo i depositi bancari, ma solo per l'importo eccedente i 100.000 euro (quest'ultimo pari alla soglia massima di protezione prevista dal sistema di garanzia dei depositi).
Le principali attività finanziarie soggette al bail-in e gerarchia sono:
- Azioni e strumenti di capitale
- Obbligazioni subordinate
- Obbligazioni ordinarie non garantite
- Depositi per la parte oltre i 100.000 euro
Sono esclusi dal bail-in:
- Depositi bancari per l’importo fino a 100.000 euro;
- Obbligazioni garantite (covered bond)
- Depositi di strumenti finanziari (in un conto titoli) o beni (in una cassetta di sicurezza)
Il bail-in è una delle modalità previste dalla nuova “procedura di risoluzione” – gestita dalla Banca d'Italia ed introdotta a seguito del recepimento in Italia della Direttiva BRRD con i decreti legislativi nn. 180 e 181 del 16 novembre 2015 – per affrontare le crisi bancarie.
Per aprire la procedura di risoluzione, la Banca d'Italia deve verificare la sussistenza di alcuni presupposti:
- la banca è in dissesto o a rischio di dissesto;
- non si ritiene che esistano misure alternative;
- esiste un interesse pubblico alla risoluzione.
Il fine della procedura è quello di far sì che la banca in dissesto continui ad operare:
- trovandole un acquirente;
- trasferendo le sue attività sane ad un altro soggetto che sarà poi venduto sul mercato;
- trasferendo le passività deteriorate ad un altro soggetto che provvederà a venderle, sia pure a valore svalutato;
- applicando il bail-in, ossia riducendo o annullando il valore di azioni e debiti (i debiti possono anche essere convertiti in azioni) per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui l'attività.
Per ulteriori approfondimenti, è possibile scaricare una guida predisposta dalle Associazioni dei Consumatori in collaborazione con l’Abi.
Fonte: Consob